venerdì 12 luglio 2013

Quante stelle ci sono in cielo?




 
- Quante stelle ci sono ancora in cielo Andrea? - mi domanda Chiara con la stessa serietà con cui Raffaella Carrà chiedeva ai telespettatori quanti fagioli c’erano in un barattolo. 

Mi volto per guardarla. Ha gli occhi persi a fissare la sempre più scura volta celeste. Un po’ interdetto decido di stare al gioco, magari vinco qualcosa.

- Bella domanda. Se la memoria non mi fa difetto, credo che la stima fatta dagli scienziati sia di un numero di stelle pari a circa dieci elevato alla venti. - forse ventitré, ma che differenza fa?
- Però… non pensavo fossero così tante… - sussurra quasi non riuscisse a immaginarsi un uno seguito da più di venti zeri.
- In realtà non è un numero così importante, sai? - non ce la faccio, è più forte di me.
- No? A me pare un numero quasi inimmaginabile… -
- Sai cos’è il numero di Avogadro? -
- No, dovrei, vero? -
- Forse, ma si può vivere anche senza. Devi sapere che in chimica esiste il concetto di mole. -
- Indipendentemente dal composto chimico, una mole è costituita sempre da un numero ben preciso di unità elementari, molecole o atomi che siano. Un numero enorme pari a sei virgola qualcosa per dieci elevato alla ventitré. Una mole coincide alla quantità - ad esempio in grammi - di particelle uguale al peso molecolare della singola molecola. - Chiara mi guarda come se fossi un marziano.
- Ah, già… tu sei un chimico… - commenta con sarcasmo.
- Per esempio, in diciotto grammi di acqua - una mole - ci sono sei per dieci elevato alla ventitré molecole di accadueO. -
- Vorresti dirmi che in una bottiglia di acqua ci sono più molecole che quante stelle nell’universo? - esclama stupefatta.
- Esatto! Sembra incredibile, ma è proprio così. -
Ora mi fissa indecisa, a mezza strada tra l’incredulo e l’ammirato.
- E le stelle che stanno svanendo dove vanno a finire? - chiede con il naturale candore di un bimbo nell’età dei troppi perché.
- Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma, forse qualcuno se ne nutre, con la stessa semplicità con cui noi beviamo l’acqua da una bottiglia, utilizzandola poi per i nostri scopi metabolici. - dico sorridendo.
- Eppure a me pareva di aver sentito dire che le stelle fossero in numero infinito. - insiste.
- Uhmm… Se così fosse perché il cielo notturno è buio? A rigor di logica dovrebbe essere perennemente illuminato da tante – infinite – lucine. - ribatto pronto.
I suoi occhi mi fissano perplessi. Su questo non aveva mai riflettuto. Rido.
- Paradosso di Olbers mia cara… -
- Cioè? -
- Nell’ottocento Olbers, che per inciso è stato anche un ottimo terzino sinistro della nazionale tedesca, si pose proprio questa domanda… - Chiara coglie il dettaglio anomalo e mi rifila un’occhiataccia.
- Ok, ok. Era un astronomo, ma l’episodio giuro che è vero. Si dice che fu Poe - sì, proprio Edgar Allan - a risolverlo per primo. In realtà per una soluzione corretta si dovette attendere quasi un secolo. Fu l’astronomo Hubble in realtà a scioglierlo confutandolo. Le prove del cosmo in espansione e la teoria del Big Bang furono sufficienti per distruggere il paradosso. -
- Le stelle quindi sono un numero finito e l’universo, espandendosi, lascia dei buchi bui, giusto? - prova a ragionare cauta.
- Più o meno è così. - annuisco.

Mentre parlo, vedo distintamente un nutrito gruppo di stelle della Via Lattea scomparire. 
Sento la pelle accapponarsi, ma faccio finta di niente. 
Il silenzio ne approfitta e, perfido, si accomoda nuovamente tra noi...

(to be continued)

Avviso per i Blognauti:

Questo brano è tratto Terza Parte di Mutamenti
Un piccolo estratto scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...



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