martedì 25 giugno 2013

E la chimica del Margarita no???



- Le posso offrire un aperitivo signorina? - suggerisco con un leggero inchino nel tentativo di spezzare la tensione che è calata tra noi.
- Ok, ma solo se molto alcolico! - annuisce lei ancora rigida.
- Ti va un Margarita? - il mio preferito.
- Credo di averlo già provato, ma non ricordo com’è! Ingredienti? - chiede diffidente.
- Tequila, succo di Lime e Triple sec. Sul bordo del bicchiere un velo di sale. - snocciolo con sicurezza.
- Ah, sì. È quello con la Tequila. Ok, vada per il Margarita allora… ma cos’è il Triple sec? -
- Mah, qualcosa di mitologico, tipo la mirra. È usato in mille cocktail, ma nessuno sa cosa sia... -

Mi guarda storta. Poi, senza degnarmi di una parola, entra nel bar accomodandosi al bancone. Sorrido divertito. Percepisco la sua rigidità. Niente da dire, tanto carina quanto irascibile. Avrebbe bisogno di una bella sculacciata. Devo sbrigarmi a scacciare dalla mia mente l’immagine di lei carponi sulle mie ginocchia ed io intento a sculacciarla… Alzo gli occhi al cielo e dico con voce seria:

- E dai. Non si può mai scherzare. È una specie di distillato alcoolico al mandarino. Però non sono mai riuscito a trovarlo nei negozi normali o nei supermercati. Così uso il Grand Marnier. Però qui dovrebbe esserci… - mentre lo dico, scruto attento lo scaffale dietro il bancone.
- Eccolo là! - m’indica lei.
- Bene. Largo al Barman allora... -

Con fare sicuro, passo dietro al bancone alla ricerca degli altri ingredienti. Recupero lo Shaker, il lime, il ghiaccio, la tequila e il mitico triple sec. Individuo anche i bicchieri adatti: quelli a calice svasato. Inumidisco il bordo del bicchiere con uno spicchio di lime e lo ricopro di sale fine. Spremo alcuni lime e verso il succo dentro lo shaker. Aggiungo il ghiaccio e gli altri ingredienti alcoolici. Le proporzioni non le ricordo. Vado di fantasia, badando a caricare bene di tequila. Shakero con maestria. Ovvero cercando di non rovesciarmi addosso buona parte del contenuto.
Chiara mi guarda - quasi - ammirata. Quasi eh, non esageriamo. Verso e guarnisco con una fettina di lime e una ciliegina candita. Saranno i vapori dell’alcool, ma subito la mia fantasia galoppa facendomi immaginare Chiara intenta a succhiarla voluttuosamente. Scaccio subito la fantasia, imbarazzato. La guardo negli occhi, spero di non aver fatto trasparire nessuno sguardo lascivo.

- Et voilà! - esclamo garrulo.
- Assaggiamo questo nettare. - dice lei con un sorrisino sardonico.
- Aspetta, facciamo un brindisi... -
- E a cosa dovremmo brindare? - dice lei
- Agli spiriti! - rispondo sicuro.

Lei non sembra convinta. Rimugina. Alla fine, con la stessa voce rauca con cui Fonzie riusciva ad articolare un rarissimo “scusa”, dice:
- A noi! - i suoi occhi su di me. Indagatori e decisi.
Mi coglie quasi alla sprovvista. Nel tentativo di sostenere il suo sguardo, quasi rovescio il bicchiere. Distolgo lo sguardo. Mai riuscito a sostenere lo sguardo di una donna.
- A noi!? - replico con tono quasi interrogativo mentre fisso l’orologio sopra la testa di Chiara.
Lei non coglie o non vuole farlo. Quando torno a fissarla sta ormai sorbendo il cocktail.

Sospiro.
Com’è difficile capire le donne. A cosa starà pensando? Boh? Per non pensarci bevo una generosa sorsata di Margarita. Niente male. Forse potevo mettere un po’ più di tequila, penso tra me e me. Il contrasto tra il nettare alcolico e il sale sul bordo mi manda, come al solito, in solluchero. Mentre le papille gustative si complimentano con me stesso, il mio sguardo vaga per il locale. Mi soffermo sulla parete a specchio alla mia destra. Rimanda l’immagine di noi. Sembriamo persone normali, come tante, in un giorno qualunque, intenti a divertirci o, semplicemente, a passare il tempo chiacchierando del più o del meno, combattendo la noia quotidiana o spurgando veleni. Come nulla fosse. Ma non è così...

to be continued)
Avviso per i Blognauti:

Questo brano è tratto Prima Parte di Mutamenti
Un piccolo estratto scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...


Se di Mutamenti non ti interessa un bel fico secco, ma sei molto più interessato alla chimica degli aperitivi allora sei un alcolizzato... ;-)))))

lunedì 24 giugno 2013

La chimica degli aperitivi




  
- Com’è che sai fare i cocktail? - chiede NerA all'improvviso.

Provo a scherzarci su.

- Non so, forse è passione per l’alcool? - lei non abbocca.

Acqua. Continuo

- Un mio vecchio insegnante di Chimica sosteneva che tutti i chimici sono bravi cuochi. Aveva ragione. Ci abituiamo a dosare e miscelare con perizia composti e sostanze; è indifferente che essi siano un acido o un sugo, un reagente o una spezia. Seguire una ricetta per preparare un composto da usare in laboratorio o un succulento piatto poco importa. Se poi i reagenti sono a gradazione alcolica meglio… - e le strizzo l’occhio.

Lei rimane rigidamente arroccata. Ancora acqua.

- Non saprei dire quando e com’è “scoppiata” la passione per i cocktail. Non ricordo. A casa ho un alcuni libri di ricette, ma i miei preferiti restano da sempre il Negroni e il Margarita. A ruota Mojito e Vodka Zen. -

Negli occhi si accende un barlume di rinnovato interesse. Colpita. Forse.

- Vodka Zen? Mai sentito nominare. -
- Vodka, ginger ale, granatina, lime e zenzero. - snocciolo con sicurezza.
- Una scoperta recente. -
- Ok, Principe dei Cocktail, ho finito il Margarita - sorseggia avida le ultime stille - che ne dici di prepararmi un vodka zen? -
- Agli ordini, Signor Comandante! - dico serio scattando sull’attenti e battendo i tacchi. Ride.
- Come mai non ci siamo mai incontrati alle riunioni degli alcolisti anonimi? - chiedo sfoderando un sorriso smagliante.
- Perché non ci sono mai andata. E’ roba per sfigati come te! -

Simpatia?!?

- Se non trovo lo zenzero, posso mettere la cicuta? -

Altre risate.
L’atmosfera, grazie al caldo tepore dell’alcool, si sta facendo più rilassata.
Siamo come due adolescenti che si sfottono senza mai prendersi troppo sul serio. Meglio così! Abbiamo bisogno di avere la testa sgombra da brutti pensieri.

(to be continued)
Avviso per i Blognauti:

Questo brano è tratto Prima Parte di Mutamenti
Un piccolo estratto scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...


Se di Mutamenti non ti interessa un bel fico secco, ma sei molto più interessato alla chimica degli aperitivi e, in particolare, al Vodka Zen, lo puoi trovare qui:


Alcol & love fratelli!!!

martedì 18 giugno 2013

I Mutamenti di Granarolo




Nel lungo dipanarsi dei misteri di Mutamenti non poteva mancare un piccolo omaggio ai luoghi della mia infanzia.

Granarolo su tutti.

Tanti ricordi. Alcuni belli altri brutti, ma li salvo tutti, ormai sono parte di me e dei miei mutamenti...

Ecco cosa scrive Andrea (il protagonista di Mutamenti) sul suo diario: 
 
*  *  *
 
A volte ritorno nei luoghi della mia infanzia.
Granarolo, isola verde fieramente arroccata alle spalle della città. Col tempo inglobata e violentata. Granarolo è anche la funicolare a cremagliera, un tempo rapido collegamento con il mare, oggi perennemente in panne. Senza contare il campetto da calcio, la mia scuola, il capolinea del “trentotto”, perennemente deserto…
E poi ancora più su, seguendo stradine strappate a suon di picca e pala al monte e alle sterpaglie, fino ai Forti e la cinta muraria ottocentesca. Opere ciclopiche di napoleonica concezione.



Siamo al Righi. Da qui puoi abbracciare tutta Genova con uno sguardo. Qui, in un sol colpo, puoi apprezzare quanto sia blu il mare, quando sia bella Genova e quanto siano inaspettatamente verdi le sue spalle. Luogo ideale per scampagnate, footing, andar per funghi e castagne e, con il favor delle tenebre, di fugaci e torridi incontri tra giovani amanti, in cerca d’intima intimità lontano dagli sguardi apprensivi di mamma e papà, ma non da quelli del guardone di turno…

Anche questa è Genova...


(to be continued)
Avviso per i Blognauti:
Questo brano tratto dal diario che il protagonista (Andrea) inizia a scrivere nella Terza Parte di Mutamenti. E' solo un piccolo estratto, scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...


giovedì 13 giugno 2013

Errando per Genova...


E così scappo via.
 
Riempio lo zaino di belinate e scappo via a vagabondare in quest’assurdo teatrino di cartapesta. A volte immagino di incontrare qualcuno dei nostri aguzzini, altre di scoprire un’impossibile via di uscita. Chissà? Ancora finzioni, ancora utopiche illusioni.
Non ho mai una meta precisa, lascio che sia il caso a decidere per me. Alla ricerca di qualcosa che ancora non ho compreso. In questo peregrinare zingaro mi sento un po’ come i protagonisti di “Amici miei”. Io, l’auto e il mio fedele zaino. Copia del mio indistruttibile Invicta compagno di mille e più avventure. All’interno poche cose: una pistola, rigorosamente scarica, un pallone di cuoio, una macchina fotografica e un binocolo. Tutto qua. Non ho bisogno di altro. Sembra il corredo di un adolescente rivoluzionario. Armi per combattere un nemico invisibile e oggetti per divertirsi, dove il divertimento non c’e’ più.
Mi inoltro nelle fungose e sepolcrali viuzze della città vecchia alla ricerca di luoghi, strade e pertugi che, per quanto possa sembrare assurdo, non ho mai calpestato né visto. La fretta a volte, la paura di perdermi o semplicemente di fare brutti incontri. Vicoli, crêuze, chiese e palazzi medievali. La mia personale cartina del centro storico non conosce più - o quasi - luoghi non visitati. Alla ricerca di niente, sfiorando pericolosamente l’atteggiamento monomaniaco di chi, prima di morire, voglia calpestare con i propri piedi ogni luogo della terra. Può anche essere. I primi passi verso una perniciosa follia.

A volte sbatto in chiese di cui neanche sospettavo l’esistenza. Fuse in muri di pietra, incastrate in case e palazzi, neanche intuisci che esistono finché non ci sbatti dentro. Annunciate da labili indizi rivelatori che solo l’iniziato o l’esperto archeologo possono decifrare annusando l’aria attorno. Non importa quanto siano belle, importanti o riccamente adornate. E’ l’emozione della scoperta che ti fa battere il cuore, facendoti sentire come Howard Carter, l’egittologo britannico che scoprì per primo la tomba di Tutankhamon. Sulla soglia indugio per lunghi minuti, come se attendessi di entrare in sintonia con l’essenza stessa del luogo prima di accedervi purificato. La decompressione dell’ateo che si avvicina, profano, al sacro. Non sono qui per pregare, né per implorare pietà o aiuto. Pur avendo ricevuto tutti i sacri sacramenti della Chiesa Cattolica, non pratico da anni e non vedo perché dovrei farlo proprio ora, ostentando un inutile quanto sterile e ipocrita devozione. Intendiamoci, non sono mai stato un baciapile, né intendo convertirmi a un simile culto. Mi stupisco perfino di essermi lasciato sfiorare dal solo pensiero.
Figurarsi, non ricordo più neanche una preghiera, né saprei a chi rivolgerla, né perché poi. Quando mi sento pronto, entro, ma è un entrare furtivo, quasi avessi paura di disturbare una liturgia che non va più in onda da giorni. Qui il silenzio è più cupo che fuori, ma almeno è un silenzio naturale. Un silenzio a cui sono - ero - abituato. Ciò nonostante mi muovo cauto per non disturbare quest’armonia che perfino un cigolio delle scarpe o un colpo di tosse potrebbe rovinare. Rimango in fondo in una mezza via tra il far finta di concentrarmi per pregare e l’ammirazione per i capolavori d’arte religiosa, incastonati in uno sfacelo brunito da troppa fuliggine. Quindi esco a riveder la luce. Vagamente rinfrancato da questa scoperta che sa di cattedrale nel deserto o di oasi perduta.
 
(to be continued)
 
Avviso per i Blognauti:
Questo brano tratto dal diario che il protagonista (Andrea) inizia a scrivere nella Terza Parte di Mutamenti. E' solo un piccolo estratto, scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...
 

mercoledì 12 giugno 2013

Di nuovi zombi e dintorni...



Dialogo sui massimi sistemi tra NerA e Andrea.

- E così, sei diventato uno zombi… - sentenzia a bruciapelo.
- Uno zombi? -
- E’ così che la Ely chiama i tipi come voi: zombi! Cervello fritto e cuore di plastica! -
- Uhm… Bella definizione. Dov’è che insegna questa Ely? -
- No… non insegna da nessuna parte, lavora da un’estetista… - fa lei incerta subodorando qualcosa.
- Ah, allora è una maestra di vita! - dico calcando acido le parole.

Lei capisce, accusa e ritorna all’attacco in una manciata di istanti.

- Sì, hai ragione è una Maestra di Vita - con la M e la V maiuscole - più di te e me messi assieme, o di qualunque altro professore, medico, psicologo o ingegnere. E’ inutile che fai tanto il sarcastico, è così. Prova a negarlo!!! Prova a negare che la tua vita è un fallimento, distrutta da incombenze familiari e dolorose rinunce. -
- Hai dimenticato il lavoro e l’essere pendolari! - aggiungo asciutto.
- Giusto! -
- Hai ragione. - dico sospirando senza staccare gli occhi dai suoi.

Lei mi restituisce uno sguardo intenso e carico di sfida.

- Mentre tu pensi a cosa fare in palestra, io passo il mio tempo a fare la spesa, cucinare e far fare i compiti a mio figlio. Mentre tu pensi a cosa metterti per uscire la sera, io litigo con mia moglie o, ancora peggio, taglio con un coltello lo spesso astio che ci separa, come se fossimo ormai individui estranei che hanno la disgrazia di vivere sotto lo stesso tetto. - un gusto amaro scivola giù dal palato. Decido di farmi ancora più male.
- Mentre tu scegli il partner per finire la notte sotto calde lenzuola, io scarico la tensione dialogando con finti amici su Facebook. Digerisco la cena grazie a potenti dosi di alcaseltzer e tento in vano di calmare i miei nervi con litri di camomilla. E sono ancora tra i fortunati; c’è chi ricorre allo psicologo e chi a farmaci. Chi a tutti e due… - tace grave. Proseguo.

- Mentre ti concedi un sonno ristoratore, io mi do in pasto a incubi e ansie, finendo spesso per passare una notte in bianco nell’indifferenza della mia famiglia. - capisco di avere il timbro della voce alterato.
Un misto di delusione e rabbia mi avvelena il sangue. Potrei aggiungere altro, ma lei mi ferma. Nei suoi occhi la maligna determinazione di poco prima sembra essere svanita.
- Scusa. - dice sinceramente costernata - Non volevo ferirti. -
- Tranquilla! Noi zombi non proviamo dolore! -

Lei incassa. Io proseguo. Ormai ho rovinato la serata.

- Su una cosa tu e la tua amica vi sbagliate. - drizza le orecchie.
- E’ vero, forse dall’esterno assomigliamo più a zombi che a esseri umani. Ma ti assicuro che non è così, almeno non è così per tutti. Mogli isteriche o figli viziati possono renderci la vita impossibile, avvelenarci il sangue, incatenarci ad astruse faccende domestiche, far divenire infernali e grigie innumerevoli domeniche, asfissiarci con infauste richieste o ansie gratuite, ma questo non vuol dire che siamo zombi, anzi. Abbiamo sogni, desideri, progetti, idee, emozioni … In una parola: vivi. Presi a calci, malconci, barcollanti, ma vivi. Più di quanto tu e la tua amica possiate pensare; forse anche più di voi, che vi muovete in una realtà sintetica e finta.-
Lo dico tutto di un fiato. Nei mie occhi lampi di sfida, come a dire: “Adesso tocca a te convincermi del contrario!”.
Mi scruta dubbiosa. Scuote la testa in modo strano, come a scacciare pensieri sgradevoli. Alla fine rivolgendo la sua attenzione altrove mi dice con voce rotta:

- Forse hai ragione tu. - replica con tono amaro.

Adesso è il suo turno.

- Posso essere libera di organizzare le mie giornate o le mie nottate scegliendo, se capita, di cambiare uomo ogni volta che voglio, ma il sapore di sconfitta e di disgusto che provo giornalmente non mentono. Tu dormi al fianco della persona che ami - o hai amato - e con cui hai costruito qualcosa. Io mi trovo a fianco sconosciuti, vuoti involucri che cercano in me solo un corpo da desiderare e usare come un oggetto alla moda e di cui, il mattino dopo, neanche mi ricordo il nome. -

- Posso fingere di divertirmi, di essere libera, di desiderare qualcuno o qualcosa, ma sono consapevole che non sempre è così. Fingiamo di divertirci perché gli altri si divertono, o forse fingono anche loro. Ci illudiamo di essere liberi, di poter fare quello che vogliamo, ma non è così. Fingiamo di desiderare, ma ci accorgiamo che i desideri non sono i nostri, ma quelli inculcatici da una pubblicità, da un marchio o da uno spettacolo TV. In una spirale di finzione fingiamo di fingere, divenendo schiavi di un’assurda macchinazione. Per rimanere al top ci droghiamo, ci impasticchiamo. Proteine, vitamine, stimolanti, calmanti, trattamenti estetici. Primi azionisti di farmacie e centri estetici. Inebriati, ci svegliamo quando è troppo tardi, quando il mozzicone che è la nostra vita è già stato calpestato da troppa gente e siamo ormai da buttare. - 

I suoi occhi si velano mentre il silenzio cristallizza il mondo attorno a noi.


La magica armonia che si era creata tra noi si è ora dissolta del tutto. Rimaniamo per lunghi istanti in silenzio senza saper più cosa dire. Lei continua a fissare un punto oltre le mie spalle. Quando le lacrime si fanno troppe per essere trattenute, si alza di scatto ed esce sulla terrazza. Io rimango indeciso. Inebetito. Un po’ dall’alcool, un po’ dalla situazione. Sento montare su un senso di spiacevole frustrazione; la pericolosa “ciucca malinconica”.
Fuori l’aria sembra essersi fatta decisamente poco estiva. Trangugio il fondo amaro del mio bicchiere e la raggiungo cercando di far meno rumore possibile per non spaventarla. Il suo sguardo contempla la città vista da una delle feritoie delle mura di guardia. Sotto di noi la fontana di Piazza De Ferrari sembra una piccola ruota da bicicletta con i raggi di liquida acqua. Con gesto delicato le metto il mio maglione sulle spalle. Lei tira su rumorosamente con il naso, accettandolo senza voltarsi. Con cautela le cingo la vita. Lei si dispone accogliente. Appoggio le labbra sui suoi capelli. Le narici si inebriano di un profumo che sa di buono: rosa e cannella forse.
Rimango così indeciso per un tempo che pare interminabile, lasciando che nelle mie orecchie “Born Slippy” risuoni ipnotica e feconda. Quando sento crescere dentro di me una pulsione troppo intensa, mi allontano con imbarazzo. Quasi di colpo. Chiara si volta per sincerarsi che tutto sia a posto. La rassicuro con lo sguardo. Le sfioro la mano in modo delicato e le dico: “Sarà meglio rientrare, inutile rimanere qua.”.
Annuisce. Si aggiusta i capelli, riprendendo per un attimo un finto vigore.

Il salone vuoto riempie entrambi di cupa tristezza. Inutile rimanere qua aggrappandoci a scampoli di normalità Inutile ingannarci. Così scivoliamo stanchi verso le scale, senza aspettare un cameriere con un conto che non arriverà mai. Un orologio segna mezzanotte in punto. I rintocchi della Chiesa del Gesù confermano gravi.
 

(to be continued)


In collaborazione con...
 
 

domenica 9 giugno 2013

Grotta Doria & Miss Fletcher

Grotta Doria (10)

Vi segnalo questa splendida iniziativa nata dalla penna virtuale della mia Blogger preferita:


Come non la conoscete? Cliccate subito sul suo nome (o lato nel banner dei Blog amici di Mutamenti) per non perdervi neppure uno dei suoi articoli sulla nostra amata Genova!!!

Ma torniamo all'iniziativa:

Si tratta della visita alla Grotta Doria, un’opera mirabile inserita nella zona dei Giardini a nord che una volta completavano il Palazzo del Principe. Scampata miracolosamente al degrado e alla scempio edilizio che nei primi del 900 ha praticamente azzerato l'area in questione, è stata da poco restaurata e resa nuovamente visitabile. Perchè vi segnalo questa iniziativa?

Perchè la famiglia Doria (in particolare Andrea Doria, Principe di Melfi) è Genova.
Perchè è grazie a Andrea se Genova è stata Superba.
Perchè ci sarà Dear Miss Fletcher in persona.
Perchè ci sarà Fabio Ghioni, cioè me-medesimo-mestesso-proprio-io.
Perchè, ma non meno importante, è lungo le strade di Via Pagano Doria e Via Andrea Doria che il romanzo Mutamenti ha visto muovere i primi passi nella mia contorta testolina... :-)

In poche parole e 5 perchè accovi incastrati... dovete venire per forza!!!

Quando? Come? Dove?

Ah, già... dimenticavo dettagli. Eccoli:

La visita avverrà con l'accompagnamento di una persona dello staff di Palazzo del Principe.

Viene proposto un biglietto ridotto di 7 € che include la visita alla grotta e l’accesso al Palazzo, l’evento avrà luogo nel seguente giorno:

SABATO 22 GIUGNO 2013
alle ore 15.15

Per ulteriori informazioni guardate qui:

http://dearmissfletcher.wordpress.com/2013/06/05/grotta-doria-apertura-straordinaria-per-voi/

Lasciando un commento potrete unirvi alla comitiva che, giorno dopo giorno, sta divenendo sempre più numerosa...

Se vuoi scoprire qualcosa di più sulla grotta leggi il bellissimo post su Dear Miss Fletcher:

http://dearmissfletcher.wordpress.com/2013/05/31/lo-splendore-della-grotta-doria/



grotta-doria-2[1]



giovedì 6 giugno 2013

San Lorenzo Reggae

San Lorenzo Reggae
Sono senza ombrello e l’ho premeditato, fuori piove a secchiate ed io sono qua, col mio panino con la porchetta e la 33 di Tennent’s.
Penso alla Corrente del Golfo che, a seconda di come si sveglia al mattino, può scaricare su Roma buone o cattive notizie e penso ai cornetti alla crema che domattina faranno bella mostra di se nelle vetrinette dei bar del centro.
C’è una porchetta intera in questo panino e il poco pane mi infarina i polpastrelli e mi imbianca la giacca grigia. Compulsivamente mi spolvero.
Sbriciolo sul tavolino e sul foglietto che il barista mi ha prestato, benedico questa carta che non è tastiera di pc: sotto questa pioggia di crosta e mollica soccomberebbe.
Per arrivare fin qui ho passeggiato sull’asfalto bagnato della Tiburtina, ascoltando il fruscio delle auto scivolare tra i battistrada e il marciapiede.
Le mura del Verano mi hanno accompagnato, tra fiorai, fontanelle e pompe funebri, in una passeggiata liberatoria. Due giorni di lavoro massacrante sono ormai alle spalle e sento il bisogno di respirare per conto mio questo misto di acqua e gasolio, questo fumo di niente e di tutto, questa sera che promette, in silenzio, un domani pieno di gioia.
Mentre il temporale si esibisce resto zitto, nel tentativo di mixare la pioggia, che canta là fuori, con il reggae che scroscia dallo stereo. Sulle mie piste però tre avventori graffiano rumore di fondo. Li guardo sconsolato.
Quando finalmente se ne vanno, piove in maniera commovente, l’aria fuori e’ rosso mattone e la musica le piange attorno.
È il momento adatto, mi dico, per scrivere una poesia.
Una poesia con la voce di Alberto Sordi, che parla di un cagnolino dal musetto furbo, che ha lo stesso colore della mia birra, scritta con le gocce di pioggia e con tutti i numeri dal 42 al 64.
Oppure no, mi rispondo, e’ l’ora di chiamare radiotaxi e farsi portare in hotel, che piove troppo e la felicità deve restare asciutta


Twitter:  @Aure1970 
maialeimmaginario.wordpress.com


martedì 4 giugno 2013

POMODORI E RUM

Pomodori e Rum
Mi alzo a fatica stamattina, ho sonno arretrato, fatica accumulata che mi fa camminare trascinando le ciabatte sul pavimento.
Striscio fino in bagno per constatare che nello specchio mi riconosco ancora e piscio le tossine di questi primi cento e passa giorni dell'anno.
Il corridoio è breve, ma a me sembra un infinita pista da bowling, con i birilli che cascano rimbombando nel cervello.
In cucina mi aspetta la piccola moka, che mi regalerà il primo caffè di oggi e, fuori sul terrazzo, il vaso con le mie 8 germogli di pomodoro: l'unica cosa buona che ho fatto nella vita.
Li saluto, come se fossero la mia famiglia, e resto a guardarli in attesa di sentire il loro "Buongiorno" di ritorno.
E' invece la moka a chiamarmi dai fornelli: il caffè è pronto e con esso una nuova occasione di ricominciare una vita normale.
Io ci voglio credere, mentre riempio la tazzina rossa ed accendo il cellulare.
Chiudo gli occhi e porto al naso l'aroma: sa di bruciato, gomma e metallo, inadeguato. Così tanto sbagliato da ricordare me.
Bevo il mio alter ego bollente e, distrattamente, do un'occhiata allo schermo dello smartphone: nessun messaggio. Lo spengo. Per oggi è sufficiente.
Il mio sguardo stanco ispeziona i battiscopa, sarebbero da ridipingere, e percorre tutto il perimetro dell'appartamento. Fuori il metrò galoppa sul binario.
Una busta.
Qualcuno mi ha infilato una busta da sotto la porta.
Una busta gialla. Una foto.
La apro sovrappensiero e mi trovo davanti i colori della bandiera della Corea del Sud, sotto forma di spirale, sullo sfondo di un cielo parzialmente nuvoloso.
Sul retro, in inchiostro rosso, con calligrafia femminile: "Mentre scoppia la Rivoluzione, io ti amo"
Guardo ancora la foto, la scritta, ancora la foto. Poso tutto ed apro una nuova bottiglia di rum.
Ci penso più tardi. (continua...)



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domenica 2 giugno 2013

Vi presento il "maledetto semaforo"

Eccolo qua... vi presento il "maledetto semaforo"...


ecco...
se la vostra esistenza è stata tormentata da Mutamenti è soprattutto colpa sua!!!

ma siete ancora in tempo...

avete amici in comune? Proponete il suo eradicamento...
avete amici nei vigili? Implorateli di scollegarlo...
avete dimestichezza con il "fai da te"? Sotto con pinze, cacciaviti e tester...

approfittate del silenzio complice della notte e colpite... ma fate presto... prima che quel "maledetto semaforo" possa essere fecondo ispiratore di un nuovo romanzo....

magari il Muta-sequel.....
magari qualcosa di nuovo....

Ma per Dio!!! Sbigateviiiiiiiiiii....

sento che la tastiera di Fabio Ghioni già ticchetta a tutto spiano....


tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic tic

tic tic tic tic tic tic tic tic tic

tic tic tic tic

tic tic

tic

Quel maledetto semaforo...



Quando incrocio gli occhi di NerA il mondo si ferma.

Li sfido. La sfido. Mi sfida.

La guardo mentre si avvicina dando vita ad una duello che, inevitabilmente, perdo. Abbasso lo sguardo mesto, mentre lei saetta via, vincitrice. E la battaglia si ripete inesorabilmente il giorno successivo. Da tre lunghi anni ormai. Fino a poco tempo fa tutto questo bastava per popolare i miei sogni notturni con atti eroici ripagati da deliqui nero corvino. Fino a poco tempo fa appunto. Nell’ultimo periodo, infatti, complice il mio menage matrimoniale arrugginito, mi sono fatto più coraggioso. Beh, insomma, per quanto possa essere coraggioso un timido cronico…
Così ho cominciato a studiare con più attenzione orari e spostamenti, nel malcelato tentativo di rendere “normale” il nostro incontrasi lungo il rettilineo che porta alla stazione. Io scendo dalla collina di San Teodoro lei arriva dal centro storico uscendo dalla stazione del metrò di Principe. Sempre alla stessa ora. Tutto semplice in apparenza. Purtroppo timidezza, insicurezza e sfortuna cronica lavorano incessanti per mettermi i bastoni tra le ruote.
La timidezza è quella che ti taglia gambe e fiato proprio quando meno te l’aspetti. E tu rimani lì, come un ebete, a guardarla senza neanche riuscire a spiaccicare una parola di senso compiuto.
L’insicurezza è quella che, in modo più subdolo, ti mina dentro, costringendoti alla resa anche quando sei a pochi passi dal traguardo.
La sfortuna è quella che… Beh, quella non ha bisogno di presentazioni, la conosciamo tutti: ci vede benissimo e non va mai in ferie. Neanche a farlo apposta e, indipendentemente da quanti sforzi io faccia, qualcosa va sempre storto. Irrimediabilmente storto. Ad esempio uno dei due è troppo in anticipo o viceversa troppo in ritardo. Quando il sincronismo sfiora la perfezione ecco il semaforo - quel maledetto semaforo - che lei utilizza per attraversare la strada. Pare governato da un giullare burlone. Se sono in ritardo scatta verde per i pedoni e lei mi scappa, se sono in anticipo si blocca sul rosso, inchiodando Nera al marciapiede opposto per interminabili minuti. Ma non c’è solo lui… a volte lei chiacchiera con qualcuno, altre ascolta musica a palla, altre sno io ad essere vittima di chi, come me, pendola giornalmente verso la triste piattura padana. Sul treno poi ogni approccio è impossibile. Lei, solitaria cronica, spesso arrivava a barricarsi all’interno degli scompartimenti per evitare contatti. Io vittima di un gruppo di medici, universitari e altri professionisti che, inclini al chiacchiericcio smodato, mi coinvolgono, mio malgrado, in ricche e articolate discussioni mattutine su casi clinici, neoplasie, studi sul Macrobenthos, usi e costumi delle Daphnie Magne ed altre amenità simili.
Così abbattuto e frustrato da questo stillicidio mattutino non mi rimane che sbirciarla, ululando triste e malinconico alla mia infausta luna.
to be coninued....


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di @Aure1970 "Maialeimmaginario


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