Alla
congiunzione tra i quartieri di Prà e Pegli la vista del complesso delle
Lavatrici mi strappa da questi pensieri. Un eco-mostro costruito negli anni
ottanta. Il merito del soprannome Lavatrici - nome con cui tutti i
genovesi identificano ormai da anni quest’obbrobrio di cemento - è dovuto alle
grosse lastre di cemento con grandi fori a forma di rombo o di cerchio che sono
poste sulla facciata come decorazione e che fanno assomigliare le palazzine ad
oblò, appunto, di lavatrici.
-
Le lavatrici! - indico a Chiara in modo quasi automatico e involontario. Lo so
che non è il momento di far futili conversazioni, ma non voglio neanche che
nessuno dei due si perda in inutili contorsionismi mentali. Lei neanche mi
guarda. Fa spallucce come a dire “Embhè?”.
-
Chiunque si sia preso la briga di ricostruire Genova pezzo per pezzo
evidentemente non ha badato a spese. Ha riprodotto anche le cose più orrende… -
dico mentre la Smart
- e noi con lei - scivola nel ventre della galleria che passa sotto il
quartiere. Chiara tace.
-
Lo sapevi che le Lavatrici non hanno finestre rivolte a sud, ovvero verso il
mare? Il complesso è esposto interamente a est e a ovest, mentre la parte a sud
è costituita da un’unica facciata di cemento. -
Adesso
Chiara mi guarda con dipinta sul volto la stessa espressione di un barbaro
hooligan intento a seguire un documentario sul coguaro dell’Amazzonia. Sembra
non capire il perché di questo mio discorso. Volge gli occhi altrove, troppo
presa da altri inconfessabili pensieri. Cercando di tenere a bada i miei di
inconfessabili pensieri, continuo.
-
Una leggenda metropolitana vuole che i progettisti si sarebbero ispirati ad un
architetto Giapponese esperto nel costruire case-dormitorio per impiegati-schiavi
di basso livello. La mancata collocazione di finestre a sud - quindi di vista
mare - non sarebbe casuale, ma frutto di una precisa scelta, dettata da uno
studio secondo il quale un operaio produce di più se vive con il paraocchi
senza godere degli spettacoli della natura. - un brivido mi percorre la
schiena.
Pensandoci
bene, mi rendo conto di come la nostra vita, le nostre esistenze - o meglio le
nostre ex-esistenze - non siano poi così libere come qualcuno vuol da sempre
farci credere. Chiara riporta gli occhi fissi davanti a noi, incollati alla
strada. Apparentemente pare non essere interessata alla mia conversazione.
Forse neanche mi ascolta. Solitario, proseguo i miei pensieri, tenendomi ancora
per un po’ lontano dal nostro invisibile confine.
In fondo, rifletto amaro, siamo come piccole ostinate formichine...
Guardiamo il mondo da un grigio oblò di cemento che non ha neppure la vista sul mare...
Guardiamo il mondo da un grigio oblò di cemento che non ha neppure la vista sul mare...
Avviso per i Blognauti:
Questo brano è tratto dalla Terza Parte di Mutamenti.
Un piccolo estratto scelto in modo da rivelare poco o nulla a chi (sfortunello) non ha ancora avuto l'onore di leggere il magnificentissimo libro di "memedesimoFabioGhionipropriomestesso"...
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