Prefazione
Come
fa uno (uno che non è del mestiere, tra l'altro) ad agganciarti e
trascinarti per un mezzo migliaio di pagine con un tiro pressoché
costante fino alla fine? Non lo so, ma lui ce l'ha fatta. E, credetemi
(ve lo dice uno che ha scritto abbastanza), non è affatto facile; non è
facile neanche in un racconto di sessanta pagine, figuratevi in questo
garbuglio spaziotemporale, in cui, dicevo, lui (il maledetto Ghioni)
vi trascina. E ci riesce mentre, intanto, vi frastorna il cervello con
centinaia di migliaia di riferimenti neuroarcaici, psicomutageni,
tecnomitologici, sopravviventrascendentali, avviluppati in un destino
oracolare in cui i protagonisti sono autori e nel contempo vittime,
sospinti da una narrazione (anzi, di più narrazioni) costellate di
agganci, oggetti, presenze e situazioni che si ricatapultano in se
stesse. E tutto questo non è che una piccola parte del racconto. Già
perché tutto questo (almeno a mio modo di vedere) non che che...il
teatro per raccontare una storia d'amore (che però nel contempo è anche
una domanda filosofica sulla nostra presenza di esseri nel mondo). Tutto
qua? Direte voi. Niente affatto, perché la suddetta storia d'amore è la
più incasinata che si possa immaginare. Cioè, oltre ad essere
incasinata di suo, per il profilo psicologico dei personaggi, il maledetto Ghioni
pensa bene di incasinare la vita di questi due poveri cristi in un
contesto che supera di gran lunga l'inverosimile, il fantastico, il
surreale e il pazzesco. Ah, dimenticavo: il tutto, ovviamente,
raccontato con una logica rigorosissima e con la capacità analitica del
chimico. Beh, se non siete già stati un paio di volte in vacanza in
qualche altro livello di realtà non vi consiglio di leggerlo.
Anentodio Friulzi (Flacca) alias Marco Vimercati
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